Ho passato una vita intera ad oscillare appeso ad un muro. A dondolare appena quando nessuno mi guardava. Ad essere scaraventato fortissimo a destra e a sinistra, avanti e indietro.
Mi hanno mosso persone diverse competitive, aggressive, scoordinate, sotto tono. Persone allenate e fuori forma, professionisti, dilettanti. Persone che sono rimaste ed altre che non sono più tornate.
Loro, però, sono più diversi degli altri. Quando li ho visti entrare per la prima volta, lo ammetto, ero scettico perché pure un sacco di plastica può essere pieno di pregiudizi.
Credevo di non poter parlare il loro linguaggio. Che non ci saremmo capiti. Che non ci saremmo divertiti. Che la mia forma non andasse bene per loro.
Sbagliavo. Ho capito dopo pochi minuti che in un pugno ci sono tante cose: c’è forza, determinazione, voglia di riscatto. C’è desiderio di stare, anche nella fatica.
C’è desiderio di stare, anche nella fatica. Ci sono cose che appartengono a tutti gli uomini. Non importa siano ricchi, poveri, in piedi, su una sedia a rotelle. Davanti a me loro sono tutti uguali.
Io sono come uno specchio che non riflette. Uno specchio in cui guardi e vedi solo quello che senti.
Ed era questo quello di cui avevano bisogno. Uno spazio non troppo largo, non troppo stretto. Fatto a misura loro, non come il mondo là fuori.
Non sono una bacchetta magica. Non risolvo i problemi. Non ascolto e nemmeno dò consigli.
Oscillo, assecondo le spinte e facendolo restituisco qualcosa. La fiducia in sé. La consapevolezza di poter dare alla propria vita una direzione.
Non dura per sempre, ma è così per tutti. Nei movimenti delle braccia si annullano le difficoltà della vita, si sciolgono nel sudore. E tutti gli uomini sudano allo stesso modo.
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Mi hanno mosso persone diverse Competitive, aggressive, scoordinate, sotto tono. Persone allenate e fuori forma, professionisti, dilettanti. Persone che sono rimaste ed altre che non sono più tornate.
Questo lavoro fa parte delle esercitazioni, Experience, che gli studenti fanno durante il PerCorso di formazione fotografica per viaggiatori.
Si chiama Experience perché l’obiettivo è quello di far immergere i PerCorsisti su un proprio progetto fotografico e sul soggetto da loro scelto, per costruire così un racconto per immagini.
Non importa se è una persona o un luogo a loro caro.
Durante la realizzazione, il fotografo lavora da solo ma con l’assistenza e il supporto continuo di Luciano Perbellini per stabilire la rotta e individuare assieme le situazioni da integrare, per completare al meglio il racconto.
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