Nella casa del maestro

23 Giugno 2023

Sono anni che lo osservo. Ogni mattina entra con la sua sigaretta accesa, le sopracciglia strette di chi trattiene tanti pensieri. Il fumo lo segue come fosse un mantello mentre lui si muove tra le quattro mura di quello che non ho ancora capito esattamente cosa sia.

Una casa, un laboratorio, un grande contenitore di ricordi o un magazzino di attrezzi per il futuro.

Non so nemmeno se lo sappia lui, che cos’è. Lui che l’ha costruito, anno dopo anno, pezzo dopo pezzo, con quelle mani mai ferme. Perché Lui costruisce, lui disegna, lui realizza. Le mani sono il suo motore. Sono anni che lo osservo e sono anni che ci conosciamo. Non ricordo nemmeno dove sia successo.

Ma non importa. Quello che conta è il perché quell’incontro ci sia stato. Non abbiamo niente in comune, io e lui. Dopo tanti anni non ho ancora capito perché mi abbia voluto sempre al suo fianco. Fatto sta che è andata così e io oggi, di lui, potrei raccontarne tante.

So che si sveglia ogni mattina con un caffè. Che mangia poco e fuma molto. Che dovrebbe portare sempre gli occhiali perché il lavoro di tanti anni gli ha grattato via un po’ la vista. Che la sua testa comanda e le sue mani obbediscono.

Piallano, incidono, dipingono, disegnano, limano, assemblano. Che nei decenni si è costruito un mondo intorno. Che, e la cosa mi stupisce sempre, nel grande caos che è racchiuso tra queste quattro tutto trova un posto. Niente lo intralcia, tutto lo circonda. Lui si muove come una ballerina nei suoi abiti da uomo di fatica.

So poi che è un tipo particolare. Che è vecchio ma anche giovane. Ogni tanto, mentre lo guardo, la sua faccia cambia. La giovinezza gli esce dagli occhi e gli cambia i lineamenti. Che la sua vita ora è dentro qui, chiusa, ma nella testa ha tutti i viaggi del mondo.

Immagini che ha tenuto dentro e poi trasformato in oggetti da toccare, da appendere, da indossare. Costruisce gabbie mentre immagina oceani.

Che tra tutte le femmine che ha amato ce n’è una che è un’ossessione, che disegna su ogni superficie. Che dal fondo di una lattina di Coca Cola diventa collana, amuleto. È “La Magistrale Etna”, La Montagna. La sua montagna. Che non è quello che sembra. Per chi non la conosce è un maschio placido, per lui una femmina imprevedibile.

E mentre la disegna passano gli anni, si fumano le sigarette. Lui pialla il legno e inventa universi. Senza uscire dalla sua Casa, con un pennello, dà tante forme diverse alla sua inesauribile immaginazione.

E alla mia, che resto qui a guardare. Dall’alto, un testimone silenzioso incastrato tra le bottiglie colorate.

E forse sì. C’è qualcosa che ci unisce. Il suo estro. La sua capacità di immaginare mille mondi diversi e di tenerli insieme tutti nella stessa stanza.

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