Mio papà ha il sale dentro

23 Agosto 2023

Il mare viene spesso descritto e immaginato come un’immensità poetica con il suo fascino maestoso e indecifrabile. Per me e la mia famiglia è sempre stato qualcosa di molto diverso, da amare ed odiare al tempo stesso.

Un ambiente ostile, che chiede rispetto, che dà di che vivere a chi faticosamente gli dedica tutto sé stesso, navigando di notte, di giorno, con il mare grosso, senza concessioni alla stanchezza e alla paura.

Mio padre è un uomo di mare, quel mare di chi lavora nelle marinerie. Del mare gli è rimasta attaccata addosso la durezza, insieme al sale. Con il mare ha un rapporto viscerale, intenso, ambivalente. Un rapporto che ha condizionato il nostro. La sua vita, la mia, la nostra.

Mio padre è un uomo taciturno e io, del suo silenzio, ho sempre avuto un timore reverenziale. Dove non è mai arrivato con le parole, è arrivato con i gesti. Quelli delle sue mani forti, veloci e sinuose. Mani che per tutta la vita hanno ripetuto gli stessi gesti.

Mio padre, di lavoro, fa il tessitore di reti da pesca. È il custode di una tecnica che si tramanda da secoli di padre in figlio. Come in un rito, una magia. Ed è così ho sempre visto i suoi attrezzi di lavoro, come fossero magici oggetti di adorazione. Il movimento delle dita, e la concentrazione impigliata nelle pieghe del suo volto, una danza che io ho sempre guardato affascinata. In silenzio, come lui.

Ho sempre guardato quel suo mondo strano da lontano. La barca, per lui, non è un mezzo. È un universo. Diverso da quello in cui vivono tutti gli altri. Sulla barca ci sono regole, abitudini, si passano le notti, la vita, si compiono gli anni.

La barca, il mare, le sue reti, sono sempre stati in mezzo a noi, impigliati in quel meccanismo complesso che è il nostro rapporto.

Stare qui, con lui, con loro, rubare le immagini alla sua vita di uomo di mare ci ha ridato indietro le parole che negli anni sono mancate.

Mi sento come se avessi trascorso ore intere, cuore a cuore, a raccontarci le sue esperienze di mare e le mie inquietudini di figlia.

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Questo lavoro fa parte delle esercitazioni, Experience, che gli studenti fanno durante il PerCorso di formazione fotografica per viaggiatori. Si chiama Experience perché l’obiettivo è quello di far immergere i PerCorsisti su un proprio progetto fotografico e sul soggetto da loro scelto, per costruire così un racconto per immagini.

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