Da dietro il bancone

23 Luglio 2023

C’è quello delle 7.35. Mai un minuto prima, mai uno dopo. C’è quella che si siede nel primo tavolo sulla destra, accanto alla vetrata, e che mescola il caffè più volte, in senso orario, senza metterci lo zucchero. È Sara. Tutti lo sanno anche se nessuno gliel’ha mai chiesto.

Poi c’è Nicola, la barba bianca e un bicchiere di sambuca. C’è Rocco, che entra tutti i pomeriggi declamando con voce potente “Buonasera ai signori e alle signore”.

Quello che non parla mai e che arriva a fine giornata per sfogliare un quotidiano ormai vecchio, le impronte dei polpastrelli di tanti sovrapposte sugli angoli di carta.

C’è Rosa, che dice “pago domani” e Rosa che ogni tanto se ne dimentica. C’è Sonia, che è sempre di fretta, che lavora in un ufficio in città e ogni mattina prende una brioche da portare via.

È un esercito di volti, di nomi e di abitudini, che si ripetono quasi uguali, ogni giorno. Quando entra qualcuno di nuovo, tutti si girano. Curiosi, sì, ma anche disturbati da una presenza che incrina gli equilibri. Che spezza una danza che così tanto c’è voluto per imparare. Custode della memoria di quei passi è Mario. Da sempre. I capelli con la riga in mezzo e gli occhi gentili dietro alle lenti.

Ha stappato bottiglie, lavato tazzine. Con una piccola spugna ha pulito il bancone ad ogni passaggio. Ha ascoltato storie, chiacchiere, risate. Ha incassato malumori e gentilezze. Da dietro il bancone ha visto il tempo scorrere, tenuto fuori da frange di gomma ingiallite dagli anni.

Da Mario c'é un orologio che non serve a nessuno.

L’ora è scandita dalle persone. “Una brioche da portare via”. Sono le 7.35. “Buonasera ai signori e alle signore”. Sono circa le 17. “Dov’è il giornale?”. Sono le 18. “Pago domani”. Lì si sa solo che è oggi.

Da Mario c’è sempre qualcuno che guarda fuori. Come se la vita là, sulla strada di fronte, fosse qualcosa che passa, che non lo riguarda. Da osservare da lontano.

Da Mario, appesa al muro, c'è una targa che parla portoghese.

Lui c'è stato a Lisbona. Anche se è impossibile l’idea di un Mario fuori di qui. Nel mondo. Il suo mondo è questo. È il loro. Quello di Nicola, di Rocco, di Sara, Sonia e di Rosa. Degli orari sempre uguali e dei rituali che rassicurano.

Di bottiglie di amaro che portano la polvere degli anni novanta. Di una foto appoggiata quasi per sbaglio tra i bicchieri che non si usano e lo sciroppo che fa il fondo.

Il segno lasciato da chi un giorno pensava che diverso fosse possibile.

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